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La mia modesta esperienza di studio e di ricerca: tra leggende e storia

 

di Alessandro Massaro.

 

La mia esperienza di ricerca, da autodidatta, risale agli inizi del 2004, quando ho intrapreso uno studio sulla storia delle leggende europee del ‘Santo Graal’, attraverso una letteratura commerciale, piuttosto ricca e articolata, da cui ho appreso comunque informazioni, oltre che sull’essenza e sulle origini delle stesse leggende, che mi hanno indirizzato, in maniera del tutto naturale, ad allargare il campo delle mie indagini storiche.

 

Così, ho voluto approfondire, spostando l’attenzione verso la storia della Religione Cristiana, passando per alcuni studi sul Cristianesimo delle origini, sui celebri Rotoli di Qumran, sulle tradizioni che hanno portato alla redazione dei vangeli gnostici (i codici di Nag Hammadi), sulla letteratura patristica e quella attribuita (in molti casi si tratta di copie medievali) agli storici dei primi secoli della nostra Era e via discorrendo.

 

Queste numerose letture mi hanno insegnato alcuni metodi di indagine adottati da diversi autori e soprattutto ho imparato a confrontare punti di vista differenti e a essere più critico.

 

Sin da piccolo, ho sempre disprezzato le mistificazioni, mentre sono sempre stato attratto dalla ricerca della verità, che spesso si cela dietro le apparenze o al di là del sapere comune.  

 

Le mie curiosità da adolescente mi hanno persuaso a intraprendere nel 2009 un nuovo percorso di indagine per scoprire notizie in più sulle mie origini familiari. Mi son sempre chiesto, ad esempio, come vivessero i miei antenati, quale volto avessero, come si chiamassero, come vivessero, se avessi ereditato delle qualità da alcuni di loro, ecc..

 

Affianco a uno studioso locale, esperto nel compiere ricerche genealogiche, mi sono accostato alla lettura di documenti antichi.  La passione è sbocciata in me immediatamente, nel vedere queste meravigliose carte, scritte da persone vissute secoli orsono, testimoni oculari dell’esistenza di tante persone del passato, inclusi i miei stessi avi. Ogni volta che mi capita di leggere documenti antichi, per me è come se si aprisse un portale del tempo attraverso cui sbirciare in cerca non solo di risposte, ma anche di nuove informazioni e di nuovi interrogativi.

 

Pur conoscendo il limite umano dell’errore, attingere a fonti di prima mano per me è come realizzare un sogno: quello di poter giungere direttamente al cuore della verità, di scoprire cose che non sono mai state lette né raccontate prima. Un entusiasmo che, per chi mi conosce bene (parlo, ad esempio, di carissimi amici che ho conosciuto presso gli archivi storici), mi piace trasmettere agli altri, nel desiderio di stimolare quell’amore per la ricerca, che sopisce nell’anima di tante altre persone.

 

Ma, l’appetito vien mangiando…

 

Così, mosso da un’insaziabile curiosità e desiderio di indagare, la mia ricerca familiare mi ha portato ad approfondire l’argomento, fino a ricavare informazioni sufficienti a ricostruire persino le dinamiche della diffusione del mio cognome in Terra d’Otranto. Un lavoro tutt’ora inedito, che spero un giorno di riprendere e di pubblicare.

 

Non è stato né facile né breve consultare centinaia di registri, conservati in oltre una trentina di archivi parrocchiali, oltre agli atti dello stato civile, gli atti notarili, e circa una settantina di catasti onciari, presso l’Archivi di stato di Lecce, Brindisi, Taranto, e decine e decine di libri canonici presso l’Archivio storico della Curia Arcivescovile di Lecce, l’Archivio Diocesano di Otranto, ecc..

 

Ma, certamente ho ampliato le mie competenze nella lettura dei documenti e nell’elaborazione di criteri e di strategie per aggirare eventuali ostacoli: sopperire ad eventuali lacune documentali o all’ambiguità di alcuni scritti, ecc.. Insomma, tutta quest’esperienza mi ha portato ad affinare le mie capacità di indagine e di critica, ad elaborare metodi con cui cercare, di volta in volta, anche le eventuali conferme o smentite rispetto alle mie stesse intuizioni o a risultati già riscontrati.

 

Si tratta, in sostanza, di un approccio onesto di ricerca, che richiede molta passione, energie, tempo, caparbietà, senso di responsabilità…

 

Questo mio metodo di ricerca è stato definito (da altri, non da me) ‘scientifico’. Non mi sono mai definito uno ‘scienziato’ o un ‘ricercatore’: semplicemente uno studioso appassionato di storia, in cerca di dati e di informazioni attraverso cui pervenire a delle risposte.

 

I miei articoli li ho scritti con l’intenzione di restituire al sapere comune delle conoscenze, che non intendono privilegiare gli interessi di qualcuno in particolare, anche perché, come si può notare leggendoli, in essi ho menzionato spesso molti nomi, la maggior parte dei quali inediti, di persone che hanno fatto parte della comunità e che hanno contribuito direttamente o indirettamente alla nostra storia, semplicemente per il fatto di essere esistiti e di aver vissuto proprie relazioni sociali, come non possiamo altro che immaginare.

 

In questi articoli, l’aver restituito alcune verità alla comunità di Galatina è stato il mio piccolo contributo alla sua storia. Una storia che appartiene a tutti, in un modo o nell’altro.

Gioco forza, parte del risultato delle mie indagini ha dimostrato, indirettamente, che determinate notizie, che fanno parte del sapere comune, non fossero né vere né veritiere.

 

D’altronde, per quanto mi riguarda, il ricercatore ha l’obbligo morale di partecipare le proprie conoscenze, soprattutto se esse servono a riscrivere la storia conosciuta.

 

Già i miei precedenti studi mi hanno messo in guardia rispetto all’esistenza di determinati falsi storici: dal ‘Testimonium Flavianum’ alla ‘Donazione di Costantino’ e fino all’intero capitolo che riguarda la storia del Risorgimento italiano, riguardo ad esempio la questione meridionale.

 

Mi domando: quanto revisionismo storico è stato fatto finora e quanto ancora occorre fare? Quanto, la storia ufficiale condiziona la nostra cultura e il nostro atteggiamento mentale nei confronti della realtà?

 

Prendere atto di questi problemi dovrebbe farci ben comprendere come il sapere possa essere manipolato e influenzare la coscienza comune, e al tempo stesso anche produrre vantaggi da una parte (per pochi privilegiati) e svantaggi dall’altra (per molti altri).

 

A molti piace adagiarsi sulle leggende, difendendole per il loro fascino, più che per l’eventuale significato, elevandole a verità storica, ma senza rendersi conto per nulla di quale possa essere il prezzo da pagare.

Diveniamo, così, noi stessi vittime di un marketing che tende a spogliarci non solo della verità storica, ma della nostra vera identità comunitaria, che non può essere confusa con il folklore o con il tornaconto di chicchessia.

 

Melanton (Antonio Mele), mi è stato fatto osservare, dice: «Quando muoiono le leggende finiscono i sogni. Quando finiscono i sogni, finisce ogni grandezza.»

 

Credo, tuttavia, che le leggende debbano certamente essere raccontate, ma nella consapevolezza di ciò che esse rappresentano e rimanendo così nell’ambito della cultura e del sapere comunitario e solo come tali essere tramandate. Si rende assolutamente necessario posporre alla leggenda la spiegazione storica della stessa e la verità storica.

 

In un modo o nell’altro, credo che le mie modeste scoperte non possano arrecare danno a nessuno, non perché la rivista ufficiale su cui scrivo e della cui Redazione mi onoro di far parte abbia una visibilità piuttosto limitata, quanto perché nei miei articoli non proferisco mai giudizi nei confronti di nessuno.

 

Ad ogni buon conto, la storia che recentemente sta emergendo dalle mie ricerche è costituita da una trama molto affascinante e coinvolgente per una parte significativa della comunità, lambendo quei ricordi ancora vivi nella nostra Comunità, con soddisfazioni che percepisco semplicemente raccogliendo piccole e grandi gratitudini da parte dei miei lettori.

 

Perciò, mi auguro di poter continuare a raccontare la storia e le singole storie dei personaggi più o meno noti dell’età contemporanea, e di poterlo continuare a fare con l’onestà intellettuale e l'amor del vero che sono l’autentico spirito che anima e guida le mie ricerche e le mie pubblicazioni.

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