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3. Ricettari antichi: una lunga storia di influenze nell’evoluzione delle tradizioni gastronomiche italiane e salentina.

di Alessandro Massaro [© «Tutti i diritti riservati»]

Veritas filia temporis

La storia delle ricette e dei ricettari è più antica di quanto normalmente non si pensi.

A parte i primi esempi di epoca Romana, e dell’Europa medievale, in Italia sembrano emergere nel Medioevo due tradizioni principali di libri di cucina italiani: una prettamente meridionale costituitasi, secondo la tesi (cfr. libro) di Anna Martelletti , alla corte di Federico II di Svevia (re di Sicilia 1198-1250), fondata sul “Liber de coquina”, che altri invece attribuiscono a un cortigiano di Carlo II d'Angiò (re di Napoli 1285-1309), e in ogni caso si tratta di una tradizione legata all’ambiente delle corti aristocratiche. In effetti, la storia della cucina napoletana è molto antica, ma va tenuto conto che con l'aggettivo 'napoletano', tenendo conto della storia, da un certo momento non deve intendersi più soltanto la città partenopea, bensì tutta quell'area geografica del meridione d'Italia riunita sotto il Regno di Napoli, cioè già agli inizi del XIII secolo. Un’altra tradizione sarebbe di area toscana, probabilmente di origine senese, cosiddetta dei “dodici ghiotti”, che si muove nell’ambiente dell’alta borghesia. Successivamente, in varie parti d’Italia compaiono ricettari copiati, modificati ovvero adattati secondo l’uso locale del volgare. Nei manoscritti più antichi, compaiono tracce di francesismi, a testimonianza appunto delle influenze francesi, come nel ricettario contenuto nel codice 1071 della Biblioteca Riccardiana di Firenze risalente al 1338-1339 (cfr. Giovanna Frosini).

In età rinascimentale, anche grazie all’invenzione della stampa e alla sua graduale diffusione (a partire dal 1455: il primo ricettario ad essere dato alle stampe fu, nel 1474, ilDe honesta voluptate et valitudine di Bartolomeo Sacchi detto il Platina), vi sarà poi una sempre maggiore produzione letteraria, delle volte quasi vere e proprie enciclopedie della cucina, che serve a noi oggi come testimonianza della storia dell’evoluzione gastronomica e delle tradizioni gastronomiche italiane.

Per tracciare una bibliografia di alcuni tra gli scritti più famosi (alcuni dei quali sono solo estratti in altre fonti documentali), talvolta reperibili anche su internet (originali in vendita, altri sono stati scansionati e resi disponibili su Google Books, altri ancora sono stati interamente ritrascritti e stampati da autori più recenti), ho voluto creare un elenco di 85 ricettari (alcuni raggruppati per uno stesso autore) e dei relativi artefici (quando non sono ‘anonimi’; in tutto 58 ca.): cuochi, ‘scalchi’, ‘trincianti’, ‘mastri di casa’ e gli eventuali (indicati tra parentesi) aristocratici, regnanti o alti prelati presso i quali hanno prestato il loro servizio.

In questo elenco (non esaustivo e non definitivo), che ho redatto tenendo conto, di massima, di un certo ordine cronologico (anteponendo, nei casi di contemporaneità, un autore rispetto ad un altro in base alla data di pubblicazione della prima opera scritta, poiché alcuni hanno composto più di un ricettario; non si è tenuto conto delle edizioni successive, anche se ampliate), ma non tutti contenenti ricette di dolci, che rimane il tema principale di questo sito. Si tenga conto, comunque, che in quasi tutti i ricettari elencati ci sono dei link che rimandano a delle pagine o a dei siti che contengono alcune spiegazioni storiche o tecniche degli stessi, ed eventualmente alle relative pubblicazioni disponibili on line, per l'acquisto o la lettura:

Si è giunti a ritenere che tutta la trattatistica culinaria italiana sia stata influenzata per secoli dall’opera di Marco Gavio Apicio, vissuto nel primo secolo della nostra era, sotto Augusto e Tiberio. Si tratta del “De Re Coquinaria”, un trattato suddiviso in dieci capitoli. A un altro (dubbio) Apicio (Claudio o Celio Apicio), vissuto all’epoca di Traiano, si attribuisce un ampliamento del testo.

Di singolare importanza è l’opera di Marco Porcio Catone. Per le sue origini umili, dato che nacque in Sabina da una famiglia di contadini, e per la sua tendenza a difendere i diritti delle classi medie e povere, il suo “De agri cultura liber” contiene numerose ricette e consigli utili per chi possiede la campagna.

A parte questa nota eccezione, la maggior parte della produzione letteraria riguardante l’arte gastronomica, di cui ci rimangono memorie sin dall’età medievale, sarà indirizzata a un ristretta cerchia di fruitori, gente facoltosa, come abbiamo accennato all’inizio, e così fu almeno fino alla fine del XIX  secolo.

Dal Medioevo, dunque, le ricette e i ricettari francesi dimostrano di essere gli antesignani dell’arte pasticciera italiana. Il loro successo è ben dimostrato anche dal fatto che a tutt’oggi diversi prodotti dolciari in vendita al banco presso le nostre pasticcerie sono tra quelli inventati in Francia, mentre quelli tipici italiani, in particolare meridionali e salentini (secondo l’interesse di questa pagina), hanno comunque ereditato le conoscenze dai nostri “cugini” d’oltralpe.

Molti dei ricettari antichi, tra i più noti, lasciano trasparire uno scambio di conoscenze e di esperienze tra cuochi francesi e cuochi italiani, anche laddove nei testi è possibile cogliere eventuali contaminazioni linguistiche. Il più antico esempio in cui si colgono i primi francesismi è il già menzionato ricettario contenuto nel codice 1071 (1338-1339) della Biblioteca Riccardiana di Firenze. Anche i recenti studi di Claudio Benporat hanno contribuito a svelare l’apporto di conoscenze a seguito della frequentazione delle grandi cucine parigine da parte di cuochi italiani, come anche dei pasticceri francesi venuti a Napoli, oppure i plagi e le contraffazioni occorse presso ambienti piemontesi, milanesi, ecc..

Sarebbe un lavoro di proporzioni “enciclopediche” trattare delle ricette dei numerosi personaggi che con i loro scritti hanno contribuito all’evoluzione di quest’arte, perciò ci limiteremo a trattarne solo alcuni con particolare riferimento alla produzione dolciaria, per rilevare alcune tra le più evidenti somiglianze, negli ingredienti o nei preparati utilizzati per la produzione dei più noti prodotti nostrani. Basti pensare, ad esempio, alla pasta frolla, alla pasta sfoglia o alla crema pasticciera…

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